Che la situazione dell’infrastruttura di rete in Italia sia disastrata, è ormai cosa nota. Nonostante i progressi degli ultimi anni, esistono ancora molte zone sprovviste di un collegamento ad Internet a velocità accettabili, complice anche la morfologia del nostro territorio. I tempi, però, sono cambiati. Una volta erano necessari grandi investimenti per collegare in rete dei computer, perché l’unico strumento disponibile erano dei cavi di rame. Oggi, invece, le tecnologie WiFi ci consentono di connettere tra
loro tanti computer con una spesa minima (del resto, le onde radio non si pagano).
Facciamo una semplice stima: un router (o ripetitore) Wi-Fi deve essere posizionato ogni 100 metri, che è anche la lunghezza massima consigliabile per un cavo ethernet. Supponiamo di voler collegare al massimo 30 dispositivi, in modo da dare
a ciascuno almeno 3 Mb/s di banda. Per ciascun dispositivo spendiamo 20 euro per il cavo ethernet, mentre dividendo il costo di un router Wi-Fi per un centinaio di dispositivi, abbiamo una spesa di circa 0,5 euro a computer. In pratica, il Wi-Fi costa ben 40 volte in meno, e siamo stati piuttosto generosi nei confronti della tecnologia via cavo. È infatti necessario considerare anche le reti a 5 GHz, che possono portare la distanza massima di collegamento a 10 chilometri con un unico punto di accesso.
Leggendo questi numeri verrebbe da chiedersi come mai non si utilizzi proprio la tecnologia Wi-Fi per collegare più computer possibili. In effetti, a molti è venuta in mente questa stessa idea, la cui messa in pratica ha portato alla realizzazione delle cosiddette “reti mesh” (dette anche reti a maglia). Rispetto alla tradizionale Internet che usiamo ogni giorno, una rete mesh si basa su una infrastruttura decentralizzata in cui non ci sono server centrali, ma un gran numero di nodi che fungono essi stessi da trasmettitori, ricevitori e ripetitori del segnale Wi-Fi. Le reti mesh, quindi, sono state sviluppate anche con l’intenzione di creare una “internet” indipendente dai provider, funzionante senza pagare alcun abbonamento e, per la sua particolare tipologia di collegamento (Wireless punto a punto), fino a 30 volte più veloce della tradizione connessione ADSL. Ed inoltre, vantaggio non da poco, rimarrà accessibile anche quando i server dei provider e il Web in generale saranno down.
Uno dei progetti più interessanti e promettenti in questo senso è Ninux (http://ninux.org), la principale rete mesh italiana in cui non esiste un provider che fornisce la connessione agli utenti, ma ogni utente è esso stesso un piccolo
provider. I computer collegati a Ninux, infatti, si chiamano nodi (proprio come quelli di una rete da pesca) e sono tra loro interconnessi in modo automatico. Il risultato è che ogni nodo può comunicare con un altro qualsiasi, semplicemente
passando attraverso diversi altri nodi (anche se la connessione Wi-Fi è in chiaro, se la comunicazione è cifrata dall’applicazione i nodi intermedi non possono leggerla). L’aspetto più importante di questa struttura
è che non esiste un “capo”. Non c’è alcun organismo che possa controllare la rete e censurarla: Ninux è quindi una rete libera. Ed anche gratuita perché, come abbiamo detto, le onde radio (a 2,4 o 5 GHz, in uso da Ninux) non si pagano e non vi è alcun canone. Nel progetto Ninux la parola “hacker” assume il suo più vero significato. Troppo spesso, infatti, siamo abituati ad utilizzare il termine hacker con una accezione negativa, come sinonimo di pirata informatico. Chi utilizza
strumenti informatici per commettere crimini o comunque azioni moralmente controverse è definito “cracker”. Questo equivoco è dovuto anche alla somiglianza tra i suoni dei due termini. In realtà, la parola hacker indica una persona che inventa nuovi metodi e strumenti per migliorare la vita delle persone utilizzando l’informatica. In particolare, è hacker chi crede nella libertà di informazione e nel diritto per chiunque di accedere a computer e reti internet.
Gli strumenti necessari a mettere in piedi un nodo Ninux sono facilmente acquistabili tramite Internet oppure in un supermercato, si tratta di un router WiFi e di un antenna, e chiunque può farlo a casa propria.
Soprattutto se non siamo molto pratici di configurazione delle reti e non abbiamo mai messo mano al nostro router casalingo, è meglio avere vicino (anche virtualmente) qualcuno che se ne intenda più di noi. È importante ricordare che la rete Ninux è una rete parallela alla Internet che conosciamo e alla quale ci colleghiamo tutti i giorni, quindi il traffico su di essa è ben distinto da quello tipico del Web. Tuttavia, esistono dei nodi che potrebbero fornire un punto di uscita proprio verso Internet, condividendo la propria ADSL, di modo che gli utenti di Ninux possano accedere ai loro siti Web preferiti della rete mondiale pur rimanendo all’interno della mesh network.